Ascoltate con attenzione il pianto del vostro bimbo di 4 mesi: potrebbe dirvi qualcosa di più sul tono di voce con cui parlerà quando avrà 5 anni. Una nuova ricerca – che ha coinvolto le università di Lione, del Sussex e di Breslavia – ha mostrato che la frequenza fondamentale, il cosiddetto tono naturale, del pianto di un bebè può spiegare il 41 per cento delle varianti che si riscontrano tra le voci dei bimbi a 5 anni. “Questi risultati suggeriscono – spiegano i ricercatori – che una parte significativa delle differenze nel tono della voce che si riscontrano tra individui può in parte formarsi già nell’utero ed è perciò presente dopo la nascita”.
• LE PREMESSE
Uno studio recente, da cui prende le mosse la nuova ricerca apparsa su Biology Letters, aveva già mostrato che tra i maschi le differenze di voce restano stabili dopo la pubertà e possono determinarsi anche prima. Il tono della voce all’età di 7 anni può predire fino al 64 per cento delle variazioni che emergeranno nell’età adulta. Se il tono di voce si forma così presto e supera inalterato lo stadio della pubertà, è possibile – hanno ipotizzato i ricercatori – che si determini già prima del parto.
• LO STUDIO
I ricercatori hanno preso in considerazione un campione di 15 bambini francesi, 6 femmine e 9 maschi, d’età compresa tra i 4 e i 6 anni. Di questi bimbi gli studiosi avevano già registrato strilletti e rimostranze durante il bagnetto, tra i 3 e i 5 mesi, per una ricerca precedente che aveva “indagato” le differenze di sesso nel pianto dei bambini.
I risultati hanno confermato l’ipotesi di partenza: il tono con cui i bimbi piangevano a 4 mesi poteva predire quello con cui avrebbero poi parlato a 5 anni. “I nostri risultati – concludono i ricercatori – indicano che le variazioni di tono nella voce dei bimbi che ancora non hanno iniziato a parlare si mantengono durante l’infanzia e riflettono, probabilmente, una diversa lunghezza delle corde vocali”.
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Ascoltate con attenzione il pianto del vostro bimbo di 4 mesi: potrebbe dirvi qualcosa di più sul tono di voce con cui parlerà quando avrà 5 anni. Una nuova ricerca – che ha coinvolto le università di Lione, del Sussex e di Breslavia – ha mostrato che la frequenza fondamentale, il cosiddetto tono naturale, del pianto di un bebè può spiegare il 41 per cento delle varianti che si riscontrano tra le voci dei bimbi a 5 anni. “Questi risultati suggeriscono – spiegano i ricercatori – che una parte significativa delle differenze nel tono della voce che si riscontrano tra individui può in parte formarsi già nell’utero ed è perciò presente dopo la nascita”.
• LE PREMESSE
Uno studio recente, da cui prende le mosse la nuova ricerca apparsa su Biology Letters, aveva già mostrato che tra i maschi le differenze di voce restano stabili dopo la pubertà e possono determinarsi anche prima. Il tono della voce all’età di 7 anni può predire fino al 64 per cento delle variazioni che emergeranno nell’età adulta. Se il tono di voce si forma così presto e supera inalterato lo stadio della pubertà, è possibile – hanno ipotizzato i ricercatori – che si determini già prima del parto.
• LO STUDIO
I ricercatori hanno preso in considerazione un campione di 15 bambini francesi, 6 femmine e 9 maschi, d’età compresa tra i 4 e i 6 anni. Di questi bimbi gli studiosi avevano già registrato strilletti e rimostranze durante il bagnetto, tra i 3 e i 5 mesi, per una ricerca precedente che aveva “indagato” le differenze di sesso nel pianto dei bambini.
I risultati hanno confermato l’ipotesi di partenza: il tono con cui i bimbi piangevano a 4 mesi poteva predire quello con cui avrebbero poi parlato a 5 anni. “I nostri risultati – concludono i ricercatori – indicano che le variazioni di tono nella voce dei bimbi che ancora non hanno iniziato a parlare si mantengono durante l’infanzia e riflettono, probabilmente, una diversa lunghezza delle corde vocali”.
Lo stesso studio ha confermato che non esistono differenze di sesso, nel pianto dei bambini e nei bambini: quelle emergeranno dopo la pubertà, come hanno mostrato ricerche precedenti.
• LA RICERCA CONTINUA
Il limite dello studio, come notano gli stessi ricercatori, è il campione troppo piccolo: è difficile raccogliere dati sull’evoluzione della voce di uno stesso individuo nel tempo. “Le prossime ricerche – spiegano – coinvolgeranno gruppi più ampi e un maggior numero di bambine”.(fonte repubblica)