La diagnosi dell’endometriosi passa anche attraverso la risonanza magnetica nucleare. A dirlo è uno studio della Fondazione Italiana Endometriosi coordinato da Pietro Giulio Signorile.
I ricercatori sono partiti dalla presenza dell’ormone anti-mulleriano (Amh) e dall’adozione di un nuovo mezzo di contrasto tessuto-specifico che individua anche la più piccola traccia di endometriosi.
“La prima parte della nostra ricerca – spiega Signorile – ha evidenziato che l’Amh era distribuito in molti organi, sebbene con diverse localizzazioni in cellule e tessuti e vari livelli di espressione. Ma soprattutto abbiamo dimostrato una forte e specifica espressione dell’Amh nel tessuto endometriosico. L’Amh, legato con il gadolinio, si deposita nei tessuti endometriosici e permette di rilevare all’esame della risonanza magnetica nucleare anche le più piccole lesioni endometriosiche della malattia connettivo-stromale profonda”.
L’Amh è presente già nel feto, nelle cellule ovariche che si sviluppano a partire dalla trentaduesima settimana. I livelli dell’ormone possono indicare sia la riserva ovarica che l’inizio della menopausa.
In caso di policistosi ovarica l’ormone aumenta e viene prodotto proprio dalle cellule endometriosiche. I ricercatori italiani hanno dimostrato che legando l’Amh al gladolinio – sostanza utilizzata come mezzo di contrasto diagnostico – l’immagine della malattia nella risonanza magnetica risulta potenziata. In tal modo vengono evidenziate anche le più piccole lesioni.
Un altro studio ha rivelato anche l’efficacia di un semplice esame del sangue per la diagnosi della malattia. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Cellular Physiology.
L’endometriosi si caratterizza per l’iperproduzione di tessuto simile all’endometrio, che ricopre la cavità interna dell’utero, al di fuori della sua sede naturale. Colpisce circa il 10 per cento delle donne in età riproduttiva, ma in quelle affette da problemi pelvici e da infertilità il suo tasso si aggira fra il 30 e il 50 per cento.
È infatti spesso causa di infertilità femminile e necessita di trattamenti medici e chirurgici piuttosto invasivi, con i conseguenti rischi e costi.
“Il nuovo test diagnostico non invasivo è altamente sensibile e quindi esaustivo, consentendo una diagnosi precoce e non invasiva anche quando l’endometriosi è ancora a uno stadio lieve”, spiega Signorile.
Lo studio ha consentito di individuare una specifica proteina dell’endometriosi grazie all’utilizzo di metodiche di proteinomica come l’analisi 2D Gel, che si basa sul concetto di separazione delle proteine.
(fonte Italia Salute)