Oltre 70mila coppie italiane ogni anno fanno ricorso alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita, ma quasi la metà abbandona
il percorso senza aver raggiunto l’obiettivo. Spesso per la mancanza di un adeguato supporto psicologico, che viene assicurato da meno di un centro su tre. A fare il punto, il workshop ‘Procreazione Medicalmente Assistita. La soddisfazione del desiderio di genitorialità, anche per i pazienti oncologici’, ospitato in Senato, presso la Sala Santa Maria in Aquiro.Secondo l’Istituto Superiore di Sanità l’infertilità, ovvero l’assenza di concepimento dopo 12 mesi di rapporti sessuali regolari, interessa più del 15% delle coppie. “Nelle donne spesso la difficoltà ad avere figli – spiega Alberto Caputo, sessuologo clinico dell’Istituto di Evoluzione della Sessualità di Milano – è legata a maggiori sintomi depressivi e stress, ma anche più ansia, insoddisfazione sociale, conflitto con il sé ideale, senso di inadeguatezza, fallimento di un progetto di vita. Negli uomini i sentimenti sono molto ambivalenti, accanto alla frequente messa in discussione della virilità, emerge anche un riorientamento rispetto al mondo del lavoro. Difficoltà che portano il 40-50% delle coppie ad abbandonare il percorso prima del termine dei cicli previsti”. Per questo sarebbe necessario per la coppia un supporto psicologico in tutte le fasi della Pma, come previsto nella Legge 40 del 2004. “Nel Lazio però – precisa – su 40 centri pubblici o privati di Pma solo 13 lo assicurano di routine, in Lombardia 22 centri su 62. Ovvero uno su tre, ma la proporzione scende a uno su 7 se si considera solo il pubblico. E parliamo di due regioni dove c’è ampia offerta”. Spesso, denuncia Giovanni Scambia, direttore Area Salute della Donna e di Ginecologia oncologica (UOC) Policlinico Gemelli, “la difficoltà è nell’incominciare un percorso, anche perché nei centri pubblici l’attesa è ancora lunghissima e può arrivare fino a un anno e mezzo per la prima visita”.
(ANSA)