La futura mamma non può essere licenziata se, in fase di assunzione, non comunica al datore di lavoro di essere in attesa di un bimbo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza recente, la 13692 del 2015: ha deciso che è illegittimo licenziare una dipendente perché ha omesso di dire di essere in gravidanza.
I giudici hanno risolto così il contenzioso tra una futura mamma e una società che l’aveva licenziata perché non aveva ricevuto la comunicazione della gravidanza. E, in questo modo, hanno sancito il «diritto al silenzio» per le dipendenti in attesa di un bimbo.
Non segnalare la gravidanza non è una «giusta causa» di licenziamento perché, secondo la Corte di Cassazione, non si tratta di una colpa grave da parte della futura mamma. Che non ha l’obbligo di comunicare il suo stato, perché il fatto che lo faccia o meno non c’entra con i canoni generali di buona fede, di cui parlano gli articoli 1175 e 1375 del codice civile.Anzi, obbligare una dipendente in attesa a parlare della sua gravidanza non tutelerebbe le lavoratrici mamme e, secondo la Corte, nemmeno il principio di parità di trattamento che èsancito dalla Costituzione.Insomma, il datore che decide il licenziamento è obbligato a fare rientrare la futura mamma in servizio e a pagarle tutti i danni che ha comportato il mancato guadagno.Ma già la legge 1204 del 1971 stabiliva che non potesse avere effetto il licenziamento di una lavoratrice in gravidanza, a partire dal periodo di gestazione, fino a un anno di vita del bambino.
(fonte Google news)