Alcuni drammatici casi di cronaca negli ultimi giorni, a Brescia e a Torino, hanno riacceso i riflettori sui rischi di complicanze e di morte legati alla gravidanza e al parto. Improvvisamente è diventato più rischioso partorire nel nostro Paese?Le statistiche rassicurano: non c’è un allarme parto in Italia. I più recenti dati OMS, resi noti a novembre 2015, ci danno nella ‘top ten’ mondiale delle nazioni in cui la gravidanza è più sicura: la media dei decessi annui per complicanze legate alla gestazione e al parto è di quattro donne su 100 mila. Tuttavia l’evento ‘parto’ non è, né deve essere, considerato a rischio zero, come sottolinea il dottor Andrea Zumpano, ginecologo Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia al Fatebenefratelli Isola Tiberina, a Roma, al quale abbiamo chiesto come ogni donna in gravidanza può cercare di ridurre i rischi di complicanze e quali sono le linee guida che assicurano un ‘percorso nascita’ sicuro.
I recenti casi di cronaca possono far pensare che non sia sicuro partorire negli ospedali italiani. Evidentemente, visti i dati, non è così. Ma come può una donna in gravidanza essere certa di essere seguita dalla struttura giusta?
L’Italia, come mostrano anche le statistiche a livello internazionale, ha un’ottima ostetricia. Forse un po’ troppo interventista, tuttavia il ‘target’ finale è il benessere fetale e materno, e su questo obiettivo ci si muove. A una donna in gravidanza consiglierei di farsi seguire da una struttura che segua un numero di parti superiore ai 1550-2000 parti l’anno. E che possa garantire, come è il caso dei centri di eccellenza, un centro trasfusionale attivo h 24, una terapia intensiva neonatale e una rianimazione per la madre in caso di necessità. Detto questo, la donna gioca un ruolo che non è solo passivo, ma è anche attivo. I controlli periodici, diciamo una volta al mese, sono fondamentali per permettere all’equipe medica di conoscere la paziente, le eventuali patologie pregresse e quelle che possono insorgere. E questo vale sia nel caso di gravidanze fisiologiche che per le gravidanze patologiche, dove quindi ci siano patologie della madre o del feto. Non è sempre un problema di costi: gli esami di base sono accessibili a tutti.
Se si ripete spesso che la gravidanza non è una malattia, è pure vero che è fondamentale farsi controllare dai medici ed eventualmente stabilire un rapporto prima del parto con l’equipe che lo eseguirà. Ma quali sono i sintomi che devono allarmare?
E’ importante controllare il peso, non fumare e tenere sotto controllo la pressione arteriosa. Ci sono segnali che talvolta non vengono collegati all’ipertensione, come ad esempio mal di testa, rossori al viso, fruscii dell’udito. E altri sintomi che sono più evidenti: perditi di sangue o liquidi. E poi la percezione dei movimenti fetali, la loro assenza o diminuzione. L’ipertensione gestazionale che non venga tenuta sotto controllo con una terapia può innescare una sequenza di eventi gravi. L’ostetricia è pericolosa perché c’è una soglia oltre la quale è molto difficile recuperare la paziente o il feto. Non dobbiamo mai dimenticare che la gravidanza e il parto sono una trasformazione e uno sforzo fisico che non ha paragoni con nessun’altra ‘performance’ che ci si possa trovare ad affrontare.
Quanto conta, nella salute della gravidanza e del parto, l’età della futura madre?
Rispetto ai dati Oms, vediamo che se la media italiana di decessi è di 4 su 100mila, dopo i 35 anni la percentuale sale all’11, 12 per cento. Cosa significa questo? Che evidentemente un’età della gestante più avanzata aumenta la possibilità di patologie fetali e della donna. Dunque, ancora di più, è molto importante sottoporsi ai controlli in maniera frequente, non sporadica, nel corso della gravidanza.
(Fonte L’Espresso)